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Vita e morte della persona |
Per i cattolici
La vita umana è “sacra”, cioè possiede un valore “in sé” a prescindere dalle sue contingenti connotazioni qualitative. A giustificazione di ciò si possono addurre principalmente due motivi:
1. L’entrare nell’esistenza, come il rimanevi o l’uscirne, non è prerogativa umana. L’uomo amministra un bene (la vita) di cui non è proprietario.
2. Tutti le persone sono esseri umani, e ogni essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Per questo motivo, ogni persona è in un certo qual modo "sacra".
Ora, per noi vivere ed esistere come ha voluto Dio sono la stessa cosa, quindi la “sacralità” di noi come persone si riversa direttamente sulla nostra vita, dal primo istante del concepimento fino all'ultimo (D. Tettamanzi - "Bioetica"). Tutte le vite di tutte gli esseri umani sono degne del massimo onore e rispetto, siano esse piccine, deformi o handicappate, perchè sono "sacre", e sono sacre perchè non appartengono a loro.
Per alcuni pagani
Sacra è ogni forma di vita, e ogni forma di vita è sacra perché è vita, non perchè viene da questo o quel Dio.
La nozione di sacralità è più fondamentale della nozione di Dio, perché Dio è una costruzione dell’intelletto che può anche essere difettosa o, se giusta, non portare da nessuna parte, mentre la percezione diretta della sacralità della Vita istituisce direttamente morale, rispetto e civiltà. Da ciò se ne ricava che non è necessario conoscere l’esistenza di Dio o studiare la bibbia per operare moralmente, sebbene possa essere necessario conoscere l’esistenza di un Dio come fine ultimo solo per giustificare razionalmente e filosoficamente la buona azione compiuta per “fede”. Fede in che? Nella sacralità della Vita.
Per i laicisti
“Sono le persone e non gli esseri umani a godere di uno statuto speciale e ad essere moralmente rilevanti (Engelhardt)”, infatti “non tutti gli umani sono persone, poiché non tutti i rappresentanti della nostra specie sono autocoscienti (feti, ritardati mentali gravi, incomati) [Singer]”, sicchè “il carattere sacro, o meglio indisponibile, non attiene alla vita in quanto tale, ma piuttosto alla persona (M. Reichlin)”. Ora, è persona chi possiede determinate caratteristiche o funzioni (“indicatori di personalità”) che lo rendono in grado di manifestare determinati interessi, ma un bambino anencefalico quando mai esprimerà particolari preferenze per la cena della sera o il maglione della mamma? Sarebbe da “incivili” toglierlo dal mondo? Certo! “Incivili” come Seneca, Platone e Aristotele, i quali senza tema raccomandavano che lo Stato disponesse l’uccisione dei bambini deformi.
Il principe Carlo è un potenziale re d’Inghilterra, ma non ha i diritti di un re. Perché mai, dunque, una persona solo potenziale (il feto) dovrebbe avere i diritti di una persona? (Singer).
In alcuni casi uccidere non implica la distruzione di una vita, semplicemente perché in alcuni casi (gravi) ciò con cui abbiamo a che fare non è propriamente una “Vita”.
Questo per quanto riguarda i casi disperati, e per quelli meno disperati cosa bisogna dire? Intanto questo: “La morale moderna non è, genericamente, la morale della vita. E’ la morale della vita felice” (U. Scarpelli), e poi quest’altro:“Non è un bene il vivere, ma il vivere bene è un bene” (Seneca). Posto ciò, il ragionamento del laicista assume una curvatura del tipo: “per amore di me stesso assumo a principio di abbreviarmi la vita se la sua ulteriore durata mi fa prevedere più mali che piaceri”, perché se l’uomo appartiene strutturalmente a se stesso, egli risulta eticamente autorizzato a distruggere questa sua “proprietà”, tanto più in presenza di una vita senza libertà e dignità, come ad esempio quella inchiodati a un letto d'ospedale.
Forse il suicidio potrebbe essere considerato da taluni un atto di vigliaccheria, ma così non è: “chi ha imparato a morire, ha disimparato a servire (Seneca)”. “Questo è l’unico motivo per cui non possiamo lagnarci della vita: essa non trattiene nessuno […]. Ti piace la vita? Vivi. Non ti piace? Puoi tornare donde sei venuto (Seneca)”. Il suicidio è, in realtà, “l’ultima libertà della vita” (Jaspers). A questo diritto di scegliere modi e tempi della propria morte, corrisponde per gli altri il dovere di rispettarlo: quando un cervo investito giace per strada agonizzante, meglio per lui giustiziarlo con la pistola nel cruscotto o portarlo all’ospedale per assicurargli una lunga vita in carrozzina? La stessa tradizione cattolica - dice Singer relativamente ai martiri - non attribuisce valore assoluto alla bruta vita fisica, ma la subordina a valori spirituali.