
Esser FEDEli o esser innamorati?
Sono triste, infinitamente triste, triste come non lo sono mai stato. Ho appena scoperto che la Divina Volontà ha sempre bisogno del Divino Amore per essere eseguita.
Mi dicevo: “...se anche eseguissi tutto alla perfezione, che ne sarà di me?” e mi vedevo puro e perfetto, un santo magnifico, degno di magnifiche grazie; ma triste. Come foglie nell'oro dell’autunno si spengono e cadono, così sarebbe stata la mia “opera d’arte”, la mia vita.
Ora invece il disegno è questo:
perché nel peccato ho trovato la “vita”, una soluzione. La soluzione è questa: neppure nel peccato – nella mia volontà – c’è la vita che cercavo. Una formidabile arsura è rimasta, solo che ora sono meno tentato dal percorrere la strada che finora ho percorso e su cui “sognavo” in cerca della soluzione. Io mi dicevo: «Io SO che a Dio e solo a Dio appartiene la salute, la gioia e la salvezza, ma per quanto buono sia - buono come un padre buono - in realtà NON PUO’ MAI essere fisicamente vicino a me come una persona viva». Questo fu il “Suo peccato”, che trascinò seco il mio.
Cosa si potrà mai obiettare contro questo discorso?
La pazienza, l’amore, la fede… sono pietre più aride dell’asfalto in agosto quando si cerca amore, un segno d’affetto, solo un segno da imprimere per sempre nella memoria e con cui sigillare per sempre il cuore.
«Adorami un attimo solo! Levami questa sete che ho d'esser adorato! E' quella che mi ha perduto. Ma è rimasta in me e mi brucia. Le vampe dell'inferno sono fresca aria del mattino rispetto a questo ardore che mi brucia l'interno. E' il mio inferno, questa sete. Un attimo, un attimo solo, o Cristo, Tu che sei buono! Un attimo di gioia all'eterno Tormentato! Fammi sentire cosa voglia dire essere dio e mi avrai devoto, ubbidiente come servo per tutta la vita, per tutte le tue imprese. Un attimo! Un solo attimo, e non ti tormenterò più!».
E Satana si butta in ginocchio, supplicando.
“Gesù tentato nel deserto” da “L’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta, vol.1 – p.287
Qualcosa di simile è stato con me, solo che cambierei il termine “adorato” con quello di “amato”:
«Amami un attimo solo! Levami questa sete che ho d’essere amato! E’ quella che mi ha perduto. Ma è rimasta in me e mi brucia. Le vampe della vita a casa in città coi miei, sono nulla rispetto a questo ardore che mi brucia l'interno. E' il mio inferno, questa sete. Un attimo, un attimo solo, o Cristo, Tu che sei buono! Un attimo di gioia ad un cuore Affranto! Fammi sentire cosa voglia dire essere amato e mi avrai devoto, ubbidiente come servo per tutta la vita, per tutte le tue imprese. Un attimo! Un solo attimo, e non ti tormenterò più!».
E poi mi buttai in ginocchio, supplicando.
«Gesù si è alzato, invece. Divenuto più magro in questi giorni di digiuno, sembra ancora più alto. Il suo volto è terribile di severità e potenza. I suoi occhi sono due zaffiri che bruciano. La sua voce è un tuono, che si ripercuote contro l'incavo del masso e si sparge sulla sassaia e la piana desolata, quando dice: «Va' via, Satana. E' scritto: "Adorerai il Signore Iddio tuo e servirai Lui solo"!».
In effetti l’altro giorno a messa, mentre guardavo la mia ferita, mi ha colpito il canto della samaritana, e in particolare l’ultima frase:
…e mi adorerai in Spirito e Verità
che riprende il noto passo del vangelo (Gv 4,24). Ancora una volta andai avanti nei secoli, e mi vidi, ancora una volta, splendido e raggiante della gloria della Divina Volontà, ma triste: la tristezza di chi non trovò nel mondo uno straccio d’amore, né vero ma – cosa ancora più umiliante – neppure apparente. Vidi la tristezza con cui avrei segretamente guardato ogni persona su cui il mio sguardo lieto si sarebbe posato. La tenera ed iperbarica tristezza di chi non ha gesti né ricordi con cui coprirsi d'amaranto nelle notti d’inverno, se non quelli mistici e spirituali promessi da Dio ai suoi eletti.
Una scommessa allora sarebbe stata la mia vita, in cerca di qualcosa non ben garantito, desunto da diari e trattati di santi e martiri; nel frattempo… quanta rassegnazione, ma soprattutto, quanta malinconia nello stare in mezzo alla gente, davanti a un abbraccio, una carezza, un sorriso fra amati in una panchina d'estate. Oggi è così facile vedere queste cose per strada, ma anche in tv, nei cartelloni, al cinema, a scuola, in ufficio, ovunque!!
Eh si non ce l’ho fatta a sopportarne il pensiero, e avuta l’occasione, caddi. Caduto, l’unico pensiero che penso mi avrebbe salvato, credo sarebbe stato un pensiero di fede, ma non della fede che fa recitare un rosario o fa andare a messa o ti fa confessare e devotamente segnarti con la croce prima di entrare al tempio (tutte cose che ho fatto diligentemente a lungo), ma della fede che ti fa CREDERE che Dio ti ama FINO IN FONDO, in una maniera terribile e sicura come l’atto di adorazione che Gesù volse a suo Padre dinanzi a Satana nel deserto.
Il più completo atto di fede non è soltanto credere in Dio,
ma credere che Dio ti ama completamente.
Perciò, se un uomo vuole aiutare un altro uomo a non peccare, se vuole fare il bravo cristiano e il bravo apostolo, la cosa migliore è il non giudicarlo, è l’amarlo sempre e comunque, fare il massimo che è in suo potere per scrivere nel cuore dell'amico un ricordo d’Amore puro, incondizionato, che si avvicini quanto più possibile a quello del Padre o della Madre divina dell’umanità. Allora non ci sarà bisogno di andar per strade strane e sconosciute, mendicando “segni” fra gente poco raccomandabile.
Se la Chiesa s’impegna più sui cerimoniali che su questa cosa (la pratica dell’amore), i peccati continueranno a piovere sull’umanità come le acque del diluvio, per "40 giorni e 40 notti", finchè la colomba non tornerà soddisfatta col suo ramoscello d’ulivo.
"Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore;
ma la più grande di esse, è l'amore" (1 Corinzi 13:13).