Il denaro giova veramente?


La natura, nel tempo, attraverso le tradizioni agricole e un ecosistema equlibrato, dava a tutti la capacità di provvedere ai propri bisogni primari e secondari, senza bisogno di denaro. Non consentiva però alla società agreste di maturare una specializzazione dei lavori, cioè l’impegno da parte dei suoi membri in attività di carattere “terziario” (lettura, studio etc etc) e tutto ciò che ne conseguiva (retorica, politica, scienza etc etc). Allora venne il sistema moderno, che intese riempire questo buco salvaguardando però le prerogative del vecchio, altrimenti avrebbe salvato tizio uccidendo caio. Perché non fallisca, dunque, il moderno sistema economico (basato sul denaro) deve garantire la sopravvivenza dei suoi affiliati e allo stesso tempo sviluppare nuovi bisogni, nuovi lavori (quelli terziari).

A tale scopo, il sistema ha bisogno di monetizzare perfettamente ogni minimo sforzo umano, anche quello di sradicare una cipolla, perché nel vecchio sistema naturale tutti erano capaci di camminare, zappare ed estirpare cipolle, e con ciò di sopravvivere decorosamente. Nel sistema moderno pertanto ognuno PUO’ E DEVE avere denaro, perché tutti sono in grado di lavorare. Un sistema economico-monetario perfetto dà ad ognuno il denaro corrispondente al suo lavoro muscolare, il che (eccetto per gli handicappati) è cosa consentita a tutti. Se le donne non possono lavorare i campi, possono cucinare, pulire, conservare, trattare, rendere un servizio per loro stesse piacevole e gratificante. Un sistema economico-monetario perfetto traduce ogni resa di energia in stipendio-denaro, affinchè ognuno possa mangiare tanto quanto gli è permesso in un sistema naturale.

Un sistema economico-monetario imperfetto non è in grado di mantenere l’equivalenza di base, cioè non riesce a trasformare l’individuale disponibilità di energia in energia resa,  e quindi in denaro. Come mai? Non dà lavoro neanche a chi lo vuole e può lavorare. Non garantendo a tutti un lavoro equo e dignitoso, come coltivare cipolle e accudire pecore, non garantisce loro il soddisfacimento di quei bisogni primari e secondari che in un sistema agricolo tradizionale, indigeno, naturale, sarebbero stati molto facilmente soddisfatti, grazie a un concerto di funzioni anti-economiche svolte da molti membri (nei villaggi). Tanto vale allora tornare alle forme di società “primitive”, dove il lavoro – privo dei moderni ausili scientifici – forse frustava la vita della gente e impediva loro attività intellettualmente intense come l’avvocatura o la filosofia, ma almeno garantiva cibo sano, genuino, e un ambiente di vita altrettanto sano, aperto, verde e azzurro.

La città ci ha intrappolati tutti quanti (noi disoccupati) e se non fosse per i genitori (uomini di un’altra epoca – e con i soldi di un’altra epoca) ci farebbe pure morire di fame.